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DEL FRANCO. | 139 |
CXLIII.
Or, fatti pur i ricci o giovanetto,
E vagli ungendo pur di belzoino,
Fregagli, dico ben, sera e mattino
4Con panno grosso, ma che sia caldetto.
Fa che il barbier ci stanchi il suo ferretto,
E vatti vagheggiando per cammino,
Ch’alle bardasse, come l’Aretino
8Aggiunge grazia l’essere rizzetto.
Spendici, dico, l’anima e gli spirti,
Perchè ben fai: Ma che dirai per Dio
11S’una cosa mirabile vuò dirti?
Così come d’avergli è il tuo disío
Negletti ad arte, e innanellati ed irti,
14Nè più nè manco l’have il cazzo mio.
CXLIV.
Vorrei farmi chietino ad ogni via
Per poter con le suore praticare,
E vender a mio modo e barattare
4Il ruffianesmo dell’ipocrisia.
Ma i Chietini non voglion ch’io ci sia,
Con dir che in terra i’ non saprei guardare,
E che il capo son solito d’alzare,
8Nè mutar posso la natura mia.
O schiume, o merde, o stronzi di profeti,
O ghiotti ipocritacci in cremesino,
11Mille carate falsi più che i preti.
O ignorantacci più che l’Aretino,
Ditemi, s’io mi caccio dietro a Chieti,
14Ad onta vostra non son io Chietino?