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DEL FRANCO. 123

CXI.


L’ortolano Aretin, nel suo gradito
     Antro, che ’n mezzo l'orto ha sempre un rivo,
     Dice disteso; quì dov’ora i’ scrivo,
     4Voi selvaggi pastor tutti v'invito
Nell’ombrosa spelonca, che v’addito,
     Se i membri irsuti nel gran caldo estivo
     Forse porrete, non l’avrete a schivo
     8Ove di fuor sembrasse orrido sito.
Fior quì vedrete, che perpetui sono,
     E spirar aure insieme e liete giostre
     11Di fiere, snelle e sciolte in abbandono.
Eco sempr’è per queste interne chiostre,
     Che vi risponda al doce ultimo suono,
     14Nelle percosse delle voci vostre.


CXII.


Il Dio Priapo publica a ciascuno
     Come d’Arezzo l’ortolan divino
     Vuol ch’ogni cittadino e contadino
     4Entri nell’orto o sazio o digiuno.
E talchè dentro non prosuma alcuno
     Di rubbargli la menta o ’l petrosino,
     A quanti ne verranno nel giardino
     8Vorrà cercar le brache ad uno ad uno.
Se alcun pensasse alzarsi bene il fianco,
     E avesse a male l’essere cercato,
     11Non pensi il Papa che se n’esca franco.
Perchè nel bando se n’è protestato
     Che non ci venga, overo al manco manco
     14Avendoci a venir, venga sbracato.