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122 | LA PRIAPEA |
CIX.
L’ortolano Aretin, cui tanto aggrada
Aver nell’orto suo piante feconde,
Mentre ’l verde desío non corrisponde,
4Par ch’egli dica ovunque seggia o vada:
Proveggia il ciel, che larga pioggia cada
Di tempo in tempo, e che ’l caro orto inonde,
E fior per entro non rimanga o fronde,
8In cui non stilli ognor fresca rugiada.
Nè perche bolla il Sole a tutte prove,
Per nimica stagion ch’ardente sia,
11L’erba assetata mai supplichi a Giove,
Sì che il suo grembo molle in ogni via.
Nè sazio mai del dolce umor che piove
14Consoli l’occhio della vita mia.
CX.
Languide erbette, e voi piante, che avete
Dall’estiva stagion sì calde offese,
L’acqua, di che vi fu sempre cortese
4Il mio caro giardin, liete prendete.
Quest’è l’umor con che sfogar solete
Da i fervidi vapor le voglie accese.
Quest’è ’l licor che vi mantien difese
8Dall’ingiurie del Sole e dalla sete.
Così ’l grand’orto suo rigando, dice
L’ortolano Aretin, qualor s’accorge
11Che ne langue o ’l germoglio o la radice.
E mentre l’acqua distillando porge
Quinci e quindi dolcezza, benedice
14L’ascosa vena, onde perpetua sorge.