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DEL FRANCO. | 115 |
XCV.
Priapo, io quì compajo ambasciadore,
Da parte d’una vostra Poetessa,
Con tutta quella riverenza espressa
4Che converrebbe ad un Imperadore.
Ella ti dice, che t’ha sempre in core,
E la mattina quando vede messa,
Dio sa, se per te prega, ch’ella stessa
8Si maraviglia dond’è tanto amore.
E, benchè spenda l’intelletto e l’arte
In scriver rime, ed a te faccia torto
11Col farti tanta carestìa di carte.
Tutto questo riesce in tuo conforto,
E sei costretto a torlo in buona parte
14Se piagne il cazzo del marito morto.
XCVI.
Che debbo far, che mi consigli amore?
Di primavera volano novelle.
Vaghi augelletti cantano alle stelle,
4E cani e cagne sentono l’odore.
Le potte quasi scoppiano d’ardore
Nè capir ponno i cazzi nella pelle:
E per bei boschi allegre, fere e snelle
8Tutte vanno per fottere a rumore.
Ond’io povro mi macero in sospiri
Per la memoria di quel dì cagnazzo,
11Che fù principio a sì lunghi martiri.
E per vedermi privo di sollazzo
Dò per quest’orto mille passi e giri
14Tanto ch’è forza ch’io mi meni il cazzo.