Pagina:Il Vendemmiatore e La Priapea.djvu/119


DEL FRANCO 111

LXXXVII.


Possente Dio, al cui sacrato nume
     Fumano in Ellesponto mille altari,
     E mille lampe ne’ dì foschi e chiari
     4Alle reliquie tue fan sempre lume.
Sì, come, d’anno in anno, han per costume,
     Così pur ora con le voglie pari
     Quì spargono al tuo nome i pastor cari,
     8Di fiori un nembo, e poi di latte un fiume.
E, perchè paja il sacrificio bello,
     E s’approvi il valor dell’ostia intera
     11Col testimon del sangue e del coltello,
Saltan d’intorno, e alfin con voce altiera
     Mattan 1 d’Arezzo il publico asinello
     14Come degli onor tuoi vittima vera.


LXXXVIII.


Siate pur certi, ch’io mi mordo il dito
     Per voi, Poeti, tante me ne fate,
     Che in sacrificio gli asini mi date
     4Credendovi di farmi un bello invito.
E, perchè il dono sia tutto fornito,
     Di latte e di vin caldo mi spruzzate
     E con mele ammassato e con schiacciate 2
     8Volete intrattenermi l’appetito.
Ite in malora, pecore bestiazze,
     Ite vi dico vivi ad annegare,
     11Che al mondo non ne pajano mai razze.
Che se volete il cazzo mio onorare,
     Latte non mi rechiate nè focazze,
     14Ma datemi in malora da chiavare.

  1. Mattan; sacrificano: dal verbo latino; mactare.
  2. Focaccie.