Pagina:Il Vendemmiatore e La Priapea.djvu/117


DEL FRANCO. 109

LXXXIII.


A te Giove, Dodona è consecrata.
     Giunone in Samo vedesi adorare.
     Ha di Tenaro l’onde il Dio del mare.
     4Ed a Vulcano Lenno è stata data.
Enna per la Dea Cerere è beata:
     In Pafo è in Gnido Venere have altare.
     II Sole ancora in Rhodi avea che fare,
     8Ma Solimano al Sole l’ha levata.
A me voglion, che Lampsaco sia sola
     La terra che m’accenda incensi e fuoco,
     11Ma mentono i Poeti per la gola,
Ch’io per tutto ho che fare, o molto o poco,
     Né questa mia gliè favola da scola,
     14E che fia ver, si chiava in ogni loco.


LXXXIV.


Poeti, orsù Poeti, a voi dich’io,
     A questo poco lauro ch’è rimasto
     Vegniate, e laureatevi l’imbasto,
     4E so che non avete altro disío.
Certo per compiacere a quel gran Dio
     Ch’è di voi Sire sacro, e padre casto,
     Vo’ che ve ne saziate a tutto pasto
     8Nè ce ne resti fronde all’orto mio.
Voglio cotesta scusa farvi vana,
     E torvi tante vostre occasioni
     11Di non venire a farmi la pavana 1.
Perchè voi siete così buon mastroni 2
     Che nel fare il bersaglio alla quintana
     14Noi altri cazzi stiamo da cojoni.

  1. Paura.
  2. Legno, ovvero uomo di legno, ove vanno a ferire i giostratori che tirano al bersaglio.