Pagina:Il Vendemmiatore e La Priapea.djvu/112

104 LA PRIAPEA

LXXIV.


Deh! donne, non mi siate sconoscenti
     Per esser vostro Dio, nè giusto pare
     Che dal giardin debbiate sradicate
     4Tutta la salvia per polirvi i denti.
A far che non sian fracidi e fetenti
     Altro ci vuol che salvia e fregare,
     Chè la vera ricetta è non portare
     8Coteste vostre maschere lucenti,
Perch’elle son che marcidi gli fanno,
     E da quel non avere i visi schietti,
     11Vengono a i denti le magagne ch’hanno.
E se questo sapete per gli effetti,
     Debbono l’erbe mie portare il danno,
     14Per l’error che commettono i belletti?


LXXV.


Donne, m’è di bisogno ch’io nol taccia,
     Di cotesti belletti che v’oprate,
     E tutta la muraglia intonicate,
     4Cosa non è nel mondo che più spiaccia.
Talchè temo d’avervi nelle braccia
     Qualor vi veggio tanto infarinate,
     E piuttosto torrei le coltellate,
     8Che con voi maneggiarmi a faccia a faccia.
Perocchè la cerusa con la biacca,
     Appena quel baciozzo n’ho pigliato,
     11Che tutta intorno a i labbri mi s’attacca,
Di sorte che io mi son deliberato,
     Se il vostro imbellettarvi più m’intacca,
     14Di farvi quella cosa da Prelato.