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92 | LA PRIAPEA |
L.
Chi vuol veder quantunque può natura
E ’l ciel fra noi, non può veder mai cosa
Di questo cazzo più miracolosa,
4Nè più fatta a compasso ed a misura.
La pietra, che a spezzare è tanto dura
Con lui ci perderebbe fin all’uosa,
E se ben la sua chierica gli è tosa,
8Saría bastante a rompere le mura.
Non mi diciate, ch’io sia Cerretano,
Nè che mi faccia bravo alla scodella,
11Nè che sappia stracciarla di lontano.
Favola non è questa nè novella:
Eccomi qui con la mia robba in mano,
14E chi nol crede, venghi egli a vedella.
LI.
Direte o donne, ch’io vò ben bravando
Con le millanterie da spadaccione,
E che s’io mi mettessi al paragone,
4Questo mio cazzo non farìa l’Orlando.
A questa cosa io non vò replicando,
Anzi vi cedo, e vi dò gran ragione.
Ma i sarti mai non fanno buon giubbone,
8Se un poco largo non lo van tagliando.
Nella sua casa ognuno può bravare;
E chi non sa, che non è lancia franca,
11Ch’al vostro arnese possa contrastare?
Basta, che quel ch’io tengo non vi manca,
Che volete da me più, donne care?
14Lo spirto è pronto, ma la carne è stanca.