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La tesi dell’Uomo politico. 81

dell’Essere, abbiamo veduto come nel Sofista sia accennato quasi per incidenza e più in forma di energica asseverazione che non di dimostrazione: qui ripiglia la parte principale. Il governo paradimma è il governo di Dio, e il vero uomo regio deve imitare l’azione di Dio in questo governo: l’Essere attivo qui è Dio veramente ed esplicitamente, non le idee; è già il demiurgo del Timeo.

3. Questo spiega l’introduzione del mito e ne è il senso. Il governo di Dio e il paradimma, ancorchè sia aggiunto subito come e perchè l’imitazione se ne deva necessariamente scostare di gran lunga. Che se è evidentissimo, e non può su questo esservi dubbio di sorta, che il Dio che nel mito fa girare il mondo nella direzione opposta al suo moto naturale, non sia adatto da prendere per più che un simbolo plastico, e la favola sia introdotta espressamente come uno scherzo, non è affatto scherzo il principio a cui il simbolo serve di veste.

Non è scherzo quanto alla metafisica. Nel Sofista infatti si era dimostrata la comunicabilità dell’Essere col Non essere: nel Timeo si dimostrerà che la creazione è composta di identico e di diverso, e i due moti che li rappresentano saranno rappresentati da quello delle stelle fisse e quello dei pianeti combinati insieme nei due sensi opposti: qui siamo nello stadio di mezzo, e i due moti sono distinti e successivi. Ma se questa soluzione è ben lungi dall’avere il carattere scientifico di quella del dialogo posteriore, il problema è lo stesso: conciliare l’Essere e il Non essere. Poichè il mondo dei sensi non è, ne vien di conseguenza che il movimento suo naturale sia il diverso, e di necessità questa volta l’antitesi di quello dell’Essere.

Non è scherzo, specie nelle sue conseguenze, quanto alla logica. Se infatti questo è il paradimma del governo, non è più necessario dimostrare che la imita-



    cosa il vero uomo politico deva essere. Ma posto che questa sia la differenza, ciò non dice ancora perchè tal differenza si dia.