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Prefazione. | IX |
dunque che ciò si dovesse dire, e per quello dell'editore altresì, con la cui licenza questo io scrivo. Se da noi le opere serie e di polso non trovano chi le voglia stampare, non c’è poi ragione di lagnarsene, quando a quel coraggioso e benemerito che a questo rischio si avventura si fa il brutto scherzo di vender per Platone ciò che in sostanza è diventato men che Bertoldo, ciò che spesso non ha senso nè grammaticale nè comune, condizione necessaria, credeva il Manzoni, di ogni libro stampato.
Come poi io abbia compiuto il mio lavoro è detto in due parole: ho seguito i criteri stessi che per il Timeo. Non ho messo neanche qui il testo a fronte, e credo di aver fatto bene. Chi legge per istudio, un testo di Platone deve possederlo, chi legge per sola sua informazione, sarà forse bene non ci si confonda tanto e tiri via. E poi bisogna esser pratici. Dare il testo vuol dire curarne una nuova recensione, anche nelle minuzie per il senso affatto inconcludenti, perditempo ormai inutile dopo le ottime edizioni che possediamo: per lo meno il guadagno non franca la spesa. Oltre di ciò con la mole si doveva raddoppiare il prezzo del libro, e non è più un affare possibile.
Ho quindi preso a base le edizioni più attendibili, e quando non c'è avvertimento in contrario, s’intende che ho seguito, per il Sofista,