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66 Capitolo III.

Timeo: io non me ne so persuadere. Ciò che è sensibile è di sua natura diverso da ciò che è intelligibile, quindi Non essere: esso è solo in quanto anche il Non essere è. Al sensibile perfetto perciò potrà appartenere e l’essere percepito e il percepire, ma solo all’intelligibile perfetto l’essere inteso e insieme l’intendere, l’essere, oltre che pensato, pensiero. In quanto è pensato esso è la più alta e la più piena delle idee; in quanto è pensiero è la causa finale ed efficente delle idee stesse1: ciò che perfettamente è ha in sè stesso la propria causa. Esso è dunque Dio2, in quanto è intelligenza; esso si manifesta come demiurgo in quanto è attività.

Che cosa sono dunque le idee secondo l’ultima dottrina di Platone? Certamente non si può disconoscere che negli ultimi dialoghi la concezione logica di esse prevalga di gran lunga sulla concezione ontologica, e posto questo sopravvento, era naturale che in tutta la trattazione il punto di vista si trasportasse, per cosi dire, dalla forma dell’idea al suo contenuto. Inclino anche al giudizio di parecchi moderni nel ritenere che il passo ulteriore che fece Aristotele non sia che una facile e quasi necessaria conseguenza di questa teoria del suo maestro, e che perciò il vero fondatore e creatore della logica non sia da ritenersi lui ma Platone. Ad ogni modo convien sempre riflettere che Platone, poichè promuove bensì, ma non ha fissato ancora un linguaggio tecnico, adatta ai suoi pensamenti i vocaboli usuali senza dipartirsi mai totalmente dal loro significato naturale. Nel senso preciso e proprio e tecnico di idea, quale intendiamo noi da Aristotele in qua, e che Aristotele, giustamente del resto, ritenne anche per la teoria di



  1. Come la αἰτία del Filebo, p. 27 B, sulla quale cfr. i miei Prolegomeni al Timeo pp. 107-8.
  2. Quanto alle obiezioni che il Chiappelli (Sulla interpr. panteistica della dottr. plat. p. 158 n. 5) muove al Bertini per l’interpretazione del παντελῶς ὄν, credo d’avere risposto or ora sufficentemente.