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60 Capitolo III.

e che perciò il ragionamento non può estendersi a quei primi se non con molta discrezione e in quanto le idee dal Parmenide in poi sono gli archetipi delle cose, e perciò anche dietro al soggetto, e non soltanto al predicato, l’idea si trova sempre. È più vero anzi dire che egli qui discute propriamente una proposizione sola ed è questa: il Non essere non è l’Essere. Vuol dire questo contrarietà, come a dire: il moto non è la quiete? O diversità? Il ragionamento è semplice: il moto è; ma il moto non è quiete; dunque il moto parte è e parte non è; dunque esso potrà esser l’opposto dell’idea di quiete, ma è soltanto il diverso dell’idea di Essere: ma del diverso c’è un’idea, come c’è un’idea dell’identico; il diverso dunque è; e poichè il diverso dall’Essere è il Non essere, il Non essere è1. “Fenomeni negativi„ dice il Gomperz2, “oggetto di cognizione negativo, non si dà infatti: ogni fenomeno è in sè e immediatamente qualche cosa di positivo„.

Dopo ciò non avrebbe senso il dire che ritenuto per la negazione il significato mero della diversità, il sapere o il notare che una cosa è identica con se stessa e diversa da tutte le altre, che, per esempio, un cane non è un gerundio, non ha alcun interesse logico. La differenza che può essere oggetto di scienza è la differenza specifica, siamo ben d’accordo: ma è pur vero che anche questo principio Platone lo praticò e lo formulò: lo praticò nelle dicotomie, non ostante le incertezze e, diciamo pure, gli errori dell’esecuzione3: lo formulò nel Sofista4, quando limitò il diverso alla ne-



  1. Pag. 258 B e segg.
  2. O. c. I, p. 453.
  3. La norma fondamentale del distinguere è già accennata incidentalmente nel Teeteto, p. 208 D, ov’è detto: “se di ciascuna cosa noterai la differenza là dove essa differisce dalle altre, te ne renderai ragione, come dicono alcuni: ma finchè ti fermerai su qualche cosa di comune, il tuo discorso sarà sopra quelle cose che abbiano questa comunanza„ (κοινότης, non però ancora κοινωνία).
  4. Pag. 257 D.