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Prefazione. VII

sempre l'opera d’un acuto pensatore, che dove coglie il senso lo coglie intero e preciso: parecchi luoghi anche difficili sono resi con chiarezza ed efficacia, e vi si vedono ottime intenzioni stilistiche. Dagli studiosi pertanto, se non dal gran pubblico, avrebbero potuto perciò esser consultati utilmente, se non fosse accaduta a guastarli del tutto un’altra e assai più grave disgrazia. Chi ha curato l'edizione ne ha fatto uno scempio. Da persona ignorantissima, come si mostra, al di là di ogni verisimiglianza, egli nulla capì nè sospettò di ciò che aveva tra mano, e lasciò perciò correre a ogni piè sospinto tali e così enormi e risibili svarioni da disgradarne ogni più ricca raccolta di spropositi. Non sono errori di stampa: il tipografo fece il suo dovere; — a meno che non si voglia che suo dovere sia pure quello d'intendersi di filosofia o eventualmente di emendare il testo che ha da comporre. Senza cercar oltre, questo è il primo periodo del Sofista, e basti per saggio:

«Teodoro. — Ecco, o Socrate, secondo il fissato di ieri, che noi s'è venuti com’era il dovere, e si conduce anche con noi codesto forestiero, di nascita, da Elea, e comico di tutta la compagnia di Parmenide e di Zenone, un filosofo e di molto anche».

Parmenide è diventato un capocomico! Il Bonghi dovea aver scritto amico, e anche senza aprire il testo e riscontrare, bastava informarsene