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L’uomo politico. 339 Socr. giov. Come dici? For. O non ti pare conforme a natura che H più grande non si deva dir più grande di alcun altra cosa se non del più piccolo, e il più piccolo alla sua volta più piccolo del più grande E e non di alcun'altra cosa? Socr. giov. A me sì. Fok. E che? Ciò che supera la natura del giusto mezzo o ne è superato, sia nei discorsi sia nei fatti, non riconosceremo forse che accade realmente (1), e che secondo questo canone anche differiscono tra noi i buoni e i cattivi? Socr. giov. E’ pare. For. Due dunque bisogna porre che siano questi modi di essere (2) e queste distinzioni modelli la generazione, il divenire, quindi le arti. I rapporti invece di più a merlo sono semplicemente occasionali e fluttuanti, e un paradimma di essi non si concepirebbe. Con questa interpretazione concorda la testimonianza d'Aristotele, secondo la quale Platone nei suoi ultimi anni avrebbe lasciato cadere del tutto le idee di rapporto: era però più esatto dire che sulle idee di rapporto egli modificò il proprio concetto, escluse i rapporti tra le cose, tenne il rapporto tra la misura fìssa e paradimmatica e la dismisura. Veggansi le note seguenti. (1) Hvtwi yiyvùuevov. La misura è fissa; il fenomeno. in quanto è più o meno, è anche per sua natura [Svtms) fluttuante lyiyvtl/ievov): in altre parole esso è un divenire. (2) oMas. L’fìin(og yiyv. che precede mostrà che 01W0 qui come a p. 285 B non equivale precisamente a tò <Ij>, ina ha senso più generico. 330 L'