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L’uomo politico, 297 I iIia]j secondo le razze e le greggi, come fanno ! j pastori, se le erarfo divise divini dèmoni, e" I ciascuno bastava a ogni bisogno di quella qual- 1 sia11' ch’egli pasceva, cosi che nè di selvaggio E [ v'cra nulla, nè si divoravan l’un l'altro, nè guerra nè discordia v’era affatto; e altre cose infinite ci sarebbero a dire che a tali ordinamenti con- seguono. Ciò che poi si racconta sul vitto spon- I taneo degli uomini è detto per questo: Dio li governava sovrintendendo egli stesso, a quel modo che ora gli uomini, essendo una specie più divina, fanno da pastori ad altre razze da meno di loro: e reggendoli egli non c'erano governi, e nemmen possedevano nè mogli nè figli ; pe- Irocchè dalla terra rigermogliavano tutti sefiza 272 ricordarsi nulla delle cose di prima. Che se di tutto questo mancavano, avevano però fVutti cipio inutile e ingombrante. Credeva effettivamente Platone, o almeno supponeva, che ora avvenisse cosi? Nel Timeo sì, ma nel Timeo Dio non abbandona il mondo mai : qui lo abbandona, dunque è consentaneo anche il credere che lo abbandonino i suoi ministri. E che ciò avvenga infatti, è detto espressamente poco dopo (p. 272 E). Anche poi astrattamente parlando questo contt avviene ora sarebbe cosa che resterebbe da provare, e a similitudine di ciò che si espone non giova il citare fatti che sono altrettanto o più contestabili: senza dire che ciò che qui importa notare non sono le analogie, ma le disformità dei due mondi. Tale interpretazione è dunque errata totalmente. II Campbell cita la proposta ùmu'tw; (V ufi, assai buona; ma migliore e per me certo ò l'emendamento del Burnet >1’ ufi, secondo il quale ho tradotto. 298 L’