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ofista. Teet. Perchè? For. Ciò che predichiamo in comune del niotoi e della quiete, questo non è possibile che sia nè1 l’uno nè l’altra (l). Tket. Perchè? , For. Il moto starebbe e la quiete viceversa ¦ si moverebbe. Perocché qualsivoglia di essi si' accomunasse a tutt’e due (2), ne costringerebl,. uno a mutarsi nell'opposto della propria natura B come quello che per tal modo vien fatto partecipe del contrario. Teet. Naturalmente. For. Partecipano per altro tutt'e due dell’identico e del diverso. Teet. Si. For. Non si dica dunque che il moto sia l’identico 0 il diverso, e neppure la quiete. \ Teet. No. (1) Si procede a dimostrare che l’identico e II diverso non sono né la quiete nè il moto nè l’essere, e prima che non sono nè la quiete nè il moto. Si è appcra detto (p. 254 li) che l’identico e il diverso sono predicabili tanto del moto quanto della quiete, ora si soggiunge che questo esclude che essi siano nè il moto uè la quiete. Poiché identificati con l'uno e predicati del- l’altro, secondo il caso, si predicherebbe il moto della quiete o la quiete del moto. (2) .Tfpi yà(j àiuptiit (ju ùdieQOV ónoregovod» yiyró- ftevov. Cioè sia che il diverso fosse comune al muto e alla quiete, sia'che loro fosse comune l’identico: non è il moto o la quiete (Campuell, Apf.lt), ma l’identico o il diverso, come ben vide il Ritter, Neut V»' pp 6o-6i.