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10 Capitolo I.

sostituitovi e che si adotterà anche per l’avvenire stabilmente?

Al lume di queste informazioni riprendiamo ora in esame le parole della chiusa. Esse si dividono in due momenti: 1° “Ed ora, io devo andare al Portico del Re per l’accusa che Meleto mi ha dato„; 2° “Domattina per tempo, o Teodoro, troviamoci qui un’altra volta„. A quale redazione appartengono esse?

Il primo periodo è da ritenersi della prima. Per quale ragione Platone abbia creduto porre il Teeteto precisamente nel giorno in cui si apriva il processo, noi non possiamo più rintracciare. Vero è che a pag. 173 B e seguenti, s’era a lungo insistito sull’inettitudine assoluta dei filosofi per la vita pratica ed in ispecie per le diatribe forensi, ed il ravvicinamento col processo poteva servire di documento a questa affermazione. Con tutto ciò è una novità questa che ci càpita improvvisa nella chiusa del dialogo, senza che ne avessimo prima alcun sospetto: come avvien che nel prologo almeno non se ne tocchi affatto affatto? Che ci fosse qualche cosa nel prologo di prima? — C’è di peggio. Lo stato di fatto presunto dal prologo nostro è effettivamente diverso. “Mi pare,„ dice Euclide,1 “che egli (Socrate) si sia imbattuto in lui (Teeteto) adolescente poco prima di morire„. Ma se egli sapeva, e lo pose in carta proprio lui, che la presentazione di Teeteto a Socrate2 era avvenuta precisamente nel giorno stesso del dialogo, cosa c’entra qui questo mi pare? Non ci vedo pertanto altra soluzione possibile se non nel ritenere che il secondo prologo modificasse l’ipotesi della prima redazione: data l’età di Teeteto, molto indietro non si poteva risalire, volendo con verosimiglianza farlo discorrere con Socrate di cose tanto gravi; ma e il “mi pare„ e il “poco prima di morire„ introducono pure una certa indeterminata larghezza da poter collocarvi senza troppa as-



  1. Pag. 142 C: δοκεῖ γάρ μοι ὀλίγον πρὸ τοῦ θανάτου ἐντυχεῖν αὐτῷ μειρακίῳ ὄντι.
  2. Pag. 144 D.