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Il sofista. i-]\ concepibile — quello che si è prima ritenuto? (i). Intendiamo, o Teeteto, ciò ch’egli dice? Teet. E come non dobbiamo intendere che sosterrà che noi diciamo il contrario di ciò che s'era appena detto osando sostenere che il falso t e nelle opinioni e nelle parole? Chè infatti troppe volte a ciò che non è ci si trova co- (j) jj f/5' fiijxavì/ ovyy/oQetv riva tàtv eB tpQovoùvitov. £ial, fitpdeyxia xui àpQtjra xal uÀoya xal àótavótjia n(toa- Aiopoloytuii»* fi tTQÒ tovctov óftoA-oytf&évia ; Il senso, chiarito da ciò che Teeteto soggiunge, è questo: * poiché siamo rimasti d’accordo che il non essere non può nè pronunciarsi nè pensarsi, come può upo che ragioni affermare ora che esso sia? „ Credo con I’Heindorf e col CoUSIN che rà UQÒ toinuv ifioXoyrj&ivTa sia una perifrasi per non ripetere tò u'h Sv, o, meglio, riassuma c ri fili Sv e ciò che se n’è detto; un’espressione che doveva ricever evidenza dalla viva voce con una sospensione dopo fi, quasi a interrompere il discorso lungo c che minacciava di diventare intralciato: “ quando si sia ritenuto essere inesprimibile, eccetera — quel che si è detto prima „. Il Madvig trovò un rimedio più radicale cd eliminò cìtf&eyxra xal àoni:ra xai àAoya xu) àitavótjta come una glossa marginale poi intrusa nel testo; e I’Apelt, che col Burnet accetta la trovata, spiega: “ Si ea, quao antea convenerunt (rà npò xovtiav óftoÀoyt/- Oi'na) componuntur et comparantur cum iis, quae mine convenerunt e soggiunge “ nani hoc vult illud unice verum xQOOSiaifioÀoytjfiéva, quod praebent BW. Io non credo che nQooiiouoloyito possa tirarsi al senso di <ompontrttl comparare: esso significa mettersi inoltre it'nrcordo, e all'altro significato non ci si passa neanche per traslato. Con la nostra interpretazione per altro è preferibile la lezione di T rtpoóiioftos.oyilftéva. 172 II so/