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Il sofista. 167 d’arte fantastica (i), facilmente con questo si- D sterna di ragionare egli ci afferrerebbe e ci rovescerebbe i nostri discorsi, domandandoci, ichè lo chiamiamo facitore di immagini, che cosa è ciò che in generale chiamiamo immane Convien dunque vedere, o Teeteto, che si avrà da rispondere alla domanda di questo gio- vinotto. Teet. È chiaro che diremo (che sono) le immagini negli specchi o nell’acqua, e così pure le cose dipinte e le plasmate, e quante altre ve ne sono di questo genere (2). XXVIII. For. È chiaro, o Teeteto, che tu non hai mai E veduto il sofista. Teet. Perchè? For. Egli ti si farà vedere con gli occhi chiusi, o affatto anzi come non ne avesse. Teet. In che modo? For. Quando gli dài la risposta così e (3) gli (1) Poiché ciò che non è a prenderlo di fronte non si riesce a definirlo, si comincia di qui un giro più lungo. I.a XPtia ròv Àóycov, di cui qui si parla, è la disputandi ratio; inutile e falso è qualsiasi emendamento. (a) Ciò che si vede negli specchi sono delle immagini, ed erroneamente Teeteto qui le scambia col concetto di immagine. (3) Tì/v ànóxQtoiv Biav oOtu>s aòtip óióys, iàv Iv xat- iiftQuig fj iiAàopaat Àéyfls 11, xazayi Adottai aov iùv r68 // s