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6 Capitolo I.


affatto questa obbiezione. Perchè non poteva Platone ricordare un fatto storico anche parecchi anni dopo avvenuto?1.

Ritenuta la data più lontana torna meglio spiegabile anche quella doppia redazione del dialogo che fu con seri argomenti affermata già da Alessandro Chiappelli2 e subito dopo confermata da una preziosa scoperta. Di certo intanto ora ci consta che vi fu veramente un’altra redazione del suo proemio; e ce l’attesta l’Anonimo autore del Commentario Berlinese3, il quale aggiunge ancora che l’altro proemio era più freddo, che aveva press’a poco la stessa lunghezza, che cominciava così: “Ragazzo, hai portato il discorso intorno a Teeteto?„, e che il nostro è quello buono4. Se dunque l’altro proemio era lungo come il nostro, questo esclude intanto che ne fosse un sunto: che il nostro poi, e non quello, sia stato l’ultimo scritto, lo si può argomentare da ciò che il nostro contiene.

Vi si dice infatti come ad Euclide eran parsi molto interessanti i discorsi che Socrate gli riferiva aver avuto con Teeteto, tanto che appena andato a casa aveva



    Philos.„ N. F., XV, 4 (1909), essere il Teeteto il primo dei dialoghi non socratici e perciò anteriore persino al Menone, di che è sperabile pochi vorranno persuadersi, quando, per giungere a questa conclusione, non solo bisogna prescindere da tutti i dati stilistici, ma altresì disconoscere che i paradimmi che sono ὲν τᾥ ὅυτι (p. 176 E) abbiano a che fare con la teoria delle idee.

  1. Ben lo vide anche il Raeder, Platons philos. Entwickelung, p. 296.
  2. Ueber die Spuren einer doppelten Redaction des Platonischen Theaetets, in “Archiv für Gesch. d. Philos.„ N. F., X, 3 (1904), pp. 320-33.
  3. Berliner Klassikertexte, II. Anonymer Kommentar zu Platons Theaitet (Papyrus 9782), bearbeitet von H. Diels und W. Schubart, Berlin, 1905.
  4. Col. III, ll. 28-37 (ometto i segni delle integrazioni, perchè sono sicure): φέρεται δὲ καὶ ἄλλο προοίμιον ὑπλοψυχρον σχεδὸν τῶν ἵσων στίχων, οὖ ἀρχή — ἆρά γε, ὦ παῖ, φέρεις τὸν περὶ Θεαιτήτου λόγον; — τὸ δὲ γνήσιόν ἐστιν οὗ ἀρχή — ἄρτι, ὦ Τερψίων.