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Il sofista. 157

E questa si ha sopra tutto quando uno eseguisca l’opera dell’imitazione secondo le proporzioni in lunghezza, larghezza ed altezza del suo esemplare, [E]aggiungendovi anche i colori a ciascuna cosa appropriati.

Teet. Come mai? Ma non tentano di far questo tutti gli imitatori?

For. Non già quanti plasmano o dipingono delle cose grandi. Perocchè se applicassero la [236]vera proporzione delle membra1, vedi bene che le parti superiori apparirebbero più piccole del giusto e le inferiori più grandi, per esser viste da noi quelle da lontano, queste da vicino.

Teet. Certamente.

For. O non è vero dunque che, lasciata andare la verità, gli artefici applicano alle loro immagini non già le proporzioni reali ma quelle che pajono esser belle?

Teet. Precisamente.



    nel ritratto sono ammesse le alterazioni di misura che qui saranno espressamente escluse, mi pare che copia e copiare corrispondano con maggiore approssimazione.

  1. εἰ γὰρ ἀποδιδοῖεν τὴν τῶν καλῶν ἀληθινὴν συμμετρίαν. Sebbene accettato dal Burnet e difeso dall’Apelt, καλῶν dei codici non ha senso, e perciò ho accettato come certa la congettura del Badham κώλων. H. Mueller, men bene, propose μεγάλων. Non si ha da trascurar di notare che qui c’è già un’insigne modificazione della teorica dell’arte quale era stata fissata nel decimo della Repubblica: l’alterazione delle proporzioni che qui si ammette, dà dell’arte subito un concetto diverso da quello di imitazione pedissequa di modelli naturali.
Fraccaroli, Il Sofista. 14