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Il sofista. 155

Teet. E come potrebbe essere, o forestiero? Ma si può dire che sia già chiaro da ciò che si è detto, ch’egli è uno di quei tanti che esercitano l’arte degli scherzi1.

For. Una specie d’incantatore e di imitatore lo riterremo dunque?

Teet. E come non ritenerlo?


XXIII.


For. Ed ora, su via, è già nostro impegno di [B]non lasciar più fuggire la fiera: perocchè l’abbiamo forse circondata in uno di quei calappi che i discorsi apprestano in questi casi, così che da questo essa non ci scapperà certo più.

Teet. Quale calappio?

For. Ch’egli non sia forse uno qualunque della specie dei giocolieri.

Teet. Questo pare anche a me.

For. È inteso dunque che si deve dividere al più presto l’arte di fare immagini, e digradando2 per questa divisione, qualora il sofista



  1. A difesa della lezione τις εἷς egregiamente ricostituita dall’Apelt e accolta dal Burnet, che ho seguito, veggasi quanto contemporaneamente al primo scrisse K. L. Liebhold in “Neue Jahrbb.„ (1897) p. 204.
  2. καταβάντας = discendendo gradatamente dal genere alla specie. Si badi che l’arte imitativa (μιμητική), di cui si parlerà tosto, è la stessa dell’arte delle immagini.