Pagina:Il Sofista e l'Uomo politico.djvu/153

142 Il sofista.

For. Dall’altra parte sembra ad alcuni che se ne son resa ragione, doversi ritenere ogni ignoranza come involontaria, e che nessuno che si creda sapiente, di ciò su cui si creda tale, possa mai voler imparare nulla; così che la specie ammonitiva dell’educazione spende molta fatica e ottiene poco.

Teet. E credono il vero.

[B]For. Perciò a cacciar fuori cotesta 〈falsa〉 opinione si accingono in un altro modo.

Teet. In quale poi?

For. Quando uno si creda su che che sia di dir qualche cosa, e non dica nulla, lo vanno di ciò interrogando; quindi queste opinioni, come d’uomini deliranti 〈ch’esse sono〉, facilmente le mettono in chiaro, e collegandole nei ragionamenti le collocano le une accanto alle altre e per tal modo dimostrano che sono in contraddizione con si stesse, sullo stesso oggetto, nello stesso rapporto e nello stesso senso. E quelli vedendo ciò, mentre si irritano seco stessi1, [C]verso gli altri si ammansano, e per tal modo dalle loro troppo caparbie opinioni si liberano, di quella liberazione che è la più dolce per chi l’ode, e la più sicura che possa darsi per chi la prova. Perocchè, o figlio mio, coloro che li purgano ritengono, come fanno i medici del corpo, i quali pon credono poter esso giovarsi del nutrimento che gli è pòrto, prima che altri ne abbia



  1. Analogo concetto con parole analoghe era stato espresso in Theaet. p. 168 B.