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98 | Capitolo V. |
quello del Timeo lo fa costantemente mescersi al bene. È egli possibile che il filosofo da questo concetto più logico e più pieno sia passato a quell’altro, che non è che un ripiego?
“La divinità del Timeo,„ dice il Campbell1, “eseguisce tutto senza muoversi dal suo posto, e quando i suoi comandi sono dati continua a rimanere nel suo proprio stato. Della divinità del Politico è detto figuratamente che lascia il timone dell’universo e si ritira nella sua altezza speculativa. La divinità del Timeo conferisce alle stelle un’assoluta immortalità: la divinità del Politico sopporta che l’intero universo visibile precipiti per la china della dissoluzione. L’universo nel Timeo, sebbene non esente da mali, è nel suo complesso molto buono: l’universo nel Politico copia il modello divino così goffamente che a lungo andare il bene è lì per essere soverchiato dal male„. Qual è di queste due concezioni la più piana, la più soddisfacente, la più logica?
Così, e vi abbiamo accennato già nel capitolo precedente, mentre nei nostri due dialoghi il politico e il filosofo son due tipi differenti, nel Timeo2 sono fusi ormai in uno; esso dunque rappresenta anche per questo rispetto una concezione sintetica che non solo di natura sua ha oltrepassato di molto l’analitica, ma raccoglie e conferma le conclusioni cui implicitamente il Politico era giunto, per le quali appunto, come s’è detto, il dialogo il Filosofo, proposto da principio nel programma, non ebbe più ragione di essere scritto.
Ma più decisiva di ogni altra considerazione mi pare questa, che senza l’antecedente dei nostri due dialoghi la speculazione del Timeo mal si spiega. Il Sofista aveva dimostrato la conciliabilità dell’Essere col Non essere; e la creazione del mondo secondo il Timeo non è che l’applicazione e la conseguenza di questo principio. Il mondo sensibile è Non essere; esso è per altro qualche