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Autenticità e cronologia. | 95 |
sia presente o passato o futuro, le quali limitazioni tutte importano un Non essere, e in tutti e tre i casi diremmo che è ciò che non è. Intendendo in questo senso non si può dire che con le conclusioni del Sofista ci sia assoluta inconciliabilità, in quanto anche nel Sofista il Non essere non è l’Essere, ma soltanto partecipa dell’Essere; è un Essere, per così dire, in deficenza: in un certo senso dunque il dire che il Non essere è torna inesatto. Si potrebbe affermare anzi che il luogo del Timeo è segno di uno sforzo per una maggiore precisione.
E analoga è un’altra obiezione del Tocco1. Nel Sofista (p. 258 D E), dice, si afferma enfaticamente che ciascuna parte del diverso che è in antitesi con l’Essere è veramente il Non essere2: nel Timeo (p. 27 D) invece si distingue “ciò che è sempre e non ha divenire, e ciò che diviene continuamente e non è mai„3. È conciliabile ciò? Il Sofista considera l’Essere logicamente, il Timeo ontologicamente: quindi la differenza: nel Sofista perciò son messe a confronto due idee (anche il Non essere è un εἶδος), due idee considerate astrattamente, come per sè stanti; nel Timeo due mondi: il Non essere del Timeo è il mondo sensibile, e il mondo sensibile non è; ma non perciò è l’idea del Non essere, come, poniamo, la neve è bianca, ma non è l’idea della bianchezza. Oltre di ciò anche qui, come nel caso precedente, il punto su cui l’attenzione è richiamata è il rapporto tra l’essere e il divenire, l’uno dei quali esclude l’altro: ciò che diventa, in tanto che diventa, non è: questo è ciò che qui si vuol notare e nient’altro: se poi ciò che non è, sia in sè stesso qualche cosa, è questione che resta impregiudicata, e la teoria del Sofista