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don clemente | 71 |
cosa e i discorsi che si son fatti me ne arieggiano un’altra. Progresso intellettuale, sta bene; rinnovamento delle formole della fede secondo vogliono i tempi, sta bene; riforma cattolica, benissimo! Io sto con Raffaello Lambruschini, che era un grand’omo; io sto con i Pensieri di un solitario; ma per il signor professore Minucci il carattere della riforma mi pare che avrebbe a essere sopra tutto intellettuale e questo, scusate…»
Qui Dane alzò la sua bianca, piccola mano di dama.
«Permetta, padre» diss’egli. «Il mio caro amico Marinier vede che si ritorna a discutere. Io lo prego di rimettersi a sedere.»
L’abate levò un poco le ciglia in su, mise un sospiro scettico e obbedì. Gli altri sedettero pure, soddisfatti. Non si fidavano della discrezione dell’abate, sarebbe stato un grosso guaio ch’egli fosse partito ab irato. Il padre Salvati riprese a parlare.
Egli era contrario a che s’imprimesse al movimento riformista un carattere sopra tutto intellettuale, non tanto per il pericolo di Roma quanto per il pericolo di turbare nella loro fede semplice una quantità immensa di anime tranquille. Voleva che l’Unione si proponesse anzi tutto una grande opera morale, il richiamo dei credenti alla pratica della parola evangelica. Illuminare i cuori era secondo lui il primo dovere di uomini, che aspi-