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66 | capitolo secondo |
Marinier alquanto vivacemente. «Ma sapete bene che le similitudini non sono argomenti!»
Don Clemente, che stava in piedi nell’angolo tra l’uscio del corridoio e la finestra, e il professore Minucci seduto presso a lui, fecero atto di parlare. Subito si arrestarono, volendo ciascuno dei due cedere la parola all’altro. Selva propose che prima parlasse il monaco. Tutti guardarono a quel nobile viso di arcangelo, arrossente ma eretto. Don Clemente esitò un poco, e quindi parlò con la sua voce soffice, velata di modestia:
«Il signor abate Marinier ha detto una cosa che io credo molto vera. Ha detto: ci vuole un Santo. Io pure lo credo. Chi sa? Io non dispero che possa già esistere.»
«Lui» mormorò don Paolo.
«Ora» proseguì don Clemente «io vorrei dire al signor abate Marinier: siamo in qualche maniera i profeti di questo Santo, di questo Messia, prepariamo le sue vie, che poi significa solo far sentire universalmente il bisogno di un rinnovamento di tutto che nella religione nostra è veste, non corpo della verità, anche se questo rinnovamento sarà doloroso per certe coscienze. Ingemiscit et parturit! E far sentire tutto ciò stando sopra un terreno assolutamente cattolico, aspettando le nuove leggi dalle autorità vecchie, dimostrando però che se non si cambiano le vesti portate da tanto tempo,