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don clemente | 59 |
«Io credo» diss’egli in un italiano esotico, rigido e tuttavia caldo di vita «che trovandoci noi sul cominciamento di una comune azione religiosa, dobbiamo fare due cose; subito! Prima cosa! Dobbiamo raccogliere l’anima nostra in Dio, silenziosamente, ciascuno la sua, fino a sentire la presenza, in noi, di Dio stesso, il desiderio Suo stesso, nel nostro cuore, della Sua propria gloria. È questo che io faccio e prego fare con me.»
Ciò detto, il professore Dane s’incrociò le braccia sul petto, piegò il capo, chiuse gli occhi. Tutti si alzarono e, meno l’abate Marinier, giunsero le mani. L’abate se le raccolse al petto con un ampio gesto, abbracciando l’aria. Si potè udire un gemer dolce della lucerna, un passo al piano terreno. Marinier fu il primo a guardar sottecchi se gli altri pregavano ancora.
Dane rialzò il capo e disse:
«Amen.»
«Seconda cosa!» soggiunse. «Noi ci proponiamo di obbedire sempre l’autorità ecclesiastica legittima…»
Don Paolo Farè scattò. «Secondo!»
Un vibrare di subiti pensamenti, un fremere sordo di parole non nate scosse ogni persona. Dane disse lentamente: «esercitata con le debite norme.» Quel moto discese a un mormorio di consenso, posò. Dane riprese: