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Tre persone salivano infatti per la scaletta a chiocciola del villino. Giovanni scese loro incontro. Il primo era il suo giovane amico di Leynì, che si scusò, salutandolo, di precedere i compagni, due ecclesiastici.

«Sono il cerimoniere» diss’egli. E li presentò lì sulla scala:

«Il signor abate Marinier, di Ginevra. Don Paolo Farè, di Varese, che Lei conosce già di nome.»

Selva rimase un po’ perplesso ma poi si affrettò a far salire i suoi visitatori, li avviò alla terrazza dov’erano già disposte delle sedie.

«E Dane?» diss’egli, inquieto a di Leynì, pigliando a braccetto.«E il professor Minucci? E il padre Salvati?»

«Sono qui» rispose il giovine sorridendo. «Sono all’Aniene. Le racconterò, è tutta una storia, verranno subito»

Intanto l’abate Marinier esclamava uscendo sulla terrazza:

«Oh, c’est admirable!»

E don Paolo Farè, da buon comasco, mormorava:«sì, bello, bello,» col tôno discreto di chi pensa:«Ma se vedeste il mio paese!».

Sopraggiunse Maria, si rinnovarono le presentazioni e di Leynì raccontò la sua storia, mentre Marinier girava i piccoli occhi scintillanti per il