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476 capitolo nono

prendere notizie. Altre persone escono, l’acqua delle grondaie mormora sugli ombrelli. Devono esser loro, Maria e Noemi. Jeanne si alza da capo, si avvia.

Passa l’uscio della casina, vede gente nella cucina del giardiniere, prega una ragazza di salire a vedere presso l’ammalato, chi ci sta. Quella esita, cerca schermirsi, ma poi va, scende subito. Ci stanno il prete e la suora. Jeanne domanda un po’ di carta, una matita, un lume. Comincia a scrivere:

«Padre — Mi rivolgo...» S’interrompe, sta in ascolto. Qualcuno scende la scaletta di legno. Un passo d’uomo; dunque il padre. Allora gli parlerà. Butta via la matita, gli va incontro sulla scaletta. È scuro, don Clemente la scambia per Maria Selva.

«È quieto» dice, prima ch’ell’apra bocca. «Pare che dorma. Gli ha fatto tanto bene quello che Sua sorella gli ha detto. Il professore crede che passerà la notte. Faccia venire anche l’altra signora. L’ha domandata. Credevo che fossero andate a prenderla.»

Jeanne tace, si fa da banda. Egli dice «permesso» e passa senza guardarla, va in cucina per avere un po’ di pane e un po’ d’acqua, digiuno com’è dalla sera precedente. Jeanne trema come una foglia. Egli l’ha domandata! Queste parole, il favore del caso le danno le vertigini.