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nel turbine di dio 443

professore prega di favorire nella villa. Solamente allora Giovanni Selva dice alle sue compagne che Benedetto non è più nella villa, che ha voluto essere portato nella sua vecchia cameretta in casa del giardiniere. La carrozza procede di qualche passo, i quattro scendono fra due gruppi di palme, davanti a una gradinata di marmo bianco. Piove ancora ma non molto e nessuno se ne cura, nè il popolo che si affolla al cancello nè un gruppo di persone che dal viale di aranci discendente lungo il muro di cinta alla casina del giardiniere sta guardando i nuovi arrivati. Qualcuno si stacca da quel gruppo. È di Leynì che sale la gradinata di marmo bianco dietro a Selva, lo ferma sotto un’arcata del vestibolo pompeiano e discorre con lui a voce bassa, senza dare un’occhiata alla magnifica scena distesa fra i due gruppi di palme, al fiume di begonie che casca fra due sponde di muse giù per la china dell’Aventino, al nero cielo procelloso tagliato da strie bianche laggiù sopra i merli di Porta San Paolo, sopra la piramide di Caio Cestio e la selvetta funebre che pullula dal cuore di Shelley.


Selva entrò nel vestibolo e ricomparve un momento dopo con sua moglie. I due scesero la gradinata insieme a di Leynì, si avviarono verso le