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jeanne | 433 |
«Dio, Selva, ma se il medico scrive ch’è senza febbre!»
Selva fece il gesto di chi è costretto ad ammettere una sventura senza comprenderla. La musica taceva, egli parlò sotto voce. Benedetto gli aveva scritto. Il medico lo aveva trovato senza febbre ma egli presentiva un nuovo accesso dopo il quale sarebbe venuta la fine. Iddio gli faceva la grazia di un’attesa quieta e dolce. Aveva una preghiera da fargli. Sapeva che la signora Dessalle, amica della signorina Noemi, era in Roma. Egli aveva promesso a questa signora, davanti a un altare del Sacro Speco, di chiamarla a sè, prima di morire, per un colloquio. Molto probabilmente la signorina Noemi gliene potrebbe dire il perchè.
Selva s’interruppe. Aveva in tasca la lettera, fece l’atto di cavarla. Jeanne se n’avvide, fu presa da un tremito convulso.
«No no» diss’egli. «Le ripeto che può ingannarsi.»
Aspettò che si chetasse e invece di trarre la lettera, ne disse l’ultima parte a memoria:
«L’accesso ritornerà stasera o stanotte, domani sera o dopodomani mattina sarà la fine. Desidero vedere domani la signora Dessalle per una parola nel nome del Signore, al quale vado. Ho testè pregato il senatore di ottenermi questo colloquio ma egli si scusò. Mi rivolgo dunque a Lei.»