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428 capitolo ottavo


E si scostò con sua moglie da Jeanne ch’era diventata pallida e nascondeva male malgrado estremi sforzi l’angosciosa impazienza di udire questo messaggio. Seduto presso a lei, di Leynì cominciò a parlarle sottovoce.

Il violoncello e il piano scherzavano insieme sopra un tema pastorale, pieno d’ingenua tenerezza ilare e di carezze. Maria non potè a meno di mormorare: «Dio, poveretta!» E suo marito non potè a meno di seguire sul viso di Jeanne, al suono della tenera musica ilare, le parole affliggenti del suo interlocutore. Osservava pure il viso del giovine, il quale, parlando alla signora, guardava spesso lui come per significar pena e attingere consiglio. Jeanne lo ascoltava con gli occhi fissi a terra. Quando egli ebbe finito, li alzò ai Selva, i grandi occhi pietosamente addolorati; guardò l’una, guardò l’altro, dicendo muta, involontariamente: «voi sapete?» Gli occhi tristi dell’uno e dell’altra le risposero: sì, sappiamo. La musica ebbe uno scoppio sonoro di gioia. Maria ne approfittò per mormorare al marito:

«Le avrà riferito anche il discorso del voler morire a Roma?»

Il marito rispose che sarebbe stato meglio, che lo sperava. Jeanne pose gli occhi all’uscio onde veniva il fragore della musica, attese un poco e poi accennò ai Selva di avvicinarsi, disse con