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dirgli qualche cosa ch’ella indovinò, una segreta cosa, ancora non conosciuta da Jeanne; vide negli occhi del giovine una commozione, una riverenza profonda.

Un cameriere entrò a dire che la signora Dessalle aspettava i signori nel suo alloggio. Vi era molto movimento nell’albergo. Sussurri di strascichi e sordi tocchi di passi si confondevano sui tappeti dei corridoi, sommesse voci straniere, gaie, crucciose, lusinghiere, indifferenti, andavano e venivano, agli ascensori si faceva ressa. Ciascuno della piccola comitiva silenziosa aveva in cuore lo stesso senso amaro di quella mondanità indifferente. Jeanne era nel suo salotto, attiguo alla camera di Carlino che vi stava accompagnando al piano il violoncello di Chieco. Ella venne incontro ai suoi amici con un sorriso che insieme alla musica, un’antica musica italiana semplice e serena, strinse loro il cuore. Parve un po’ sorpresa di vedere di Leynì, del quale non attendeva la visita. Li aveva fatti salire per parlare più libera; disse invece che aveva pensato di offrir loro un concerto di Chieco, il quale però non voleva che si aprisse l’uscio. Del resto si udiva egualmente abbastanza bene. Giovanni l’avvertì subito che il cavaliere di Leynì aveva un messaggio per lei del senatore.

«Mentre Loro parlano» diss’egli «noi ascolteremo la musica.»