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420 capitolo ottavo


«Parlerò al signor Giovanni» diss’ella. «Credo però» soggiunse esitando «che il signor Maironi sia ammalato, che non possa viaggiare.»

Nel nominare Maironi le salirono le vampe al viso. Ella le sentì assai più che non si vedessero. Però il ministro se ne avvide e venne in suo soccorso.

«Forse, signora» diss’egli «Ella dubita di compromettere i Suoi amici Selva. Non abbia questo dubbio. Prima Le ripeto che il signor Maironi non ha niente a temere da nessuno e poi aggiungo che noi sappiamo tutto. Sappiamo ch’è in Roma, che sta, per poche ore ancora, presso un senatore del Regno, in via della Polveriera. Sappiamo pure ch’è ammalato ma ch’è in grado di viaggiare; anzi Lei può dire al signor Selva che io gli farò avere, se vuole, dal mio collega dei Lavori Pubblici un coupé riservato.»

Jeanne, tremante, fu per interromperlo, per esclamare: poche ore ancora? Si contenne appena e prese congedo per correre al Senato, sapere.

«Forse il signor Selva lo ignora» disse il ministro, accompagnandola verso l’uscio «ma il senatore aspetta non so quali parenti e non potrà più alloggiare il signor Maironi. Gli rincresce. Gran brav’uomo! Siamo vecchi amici.»