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Soggiunse che questa memoria lo aveva incoraggiato ad abboccarsi con lei per una faccenda delicatissima. Proferite ch’egli ebbe queste parole, anzi mentre le diceva, Jeanne sentì con certezza che quell’uomo sapeva il passato. Ella non potè a meno, di guardare alla sfuggita il sottosegretario. Gli lesse negli occhi la stessa scienza; ma lo sguardo del sottosegretario la turbava e la irritava; quello del ministro, invece, le apriva un’anima paterna. Il ministro entrò in argomento parlando di Giovanni Selva del quale fece ampie lodi. Si dolse di non avere con lui relazioni personali. Disse di sapere che Jeanne era amica della famiglia Selva. Egli si rivolgeva a lei per affidare a questi suoi amici una missione importante presso un’altra persona. E parlò di Maironi, sempre avendo cura d’interporre i Selva fra lo stesso Maironi e Jeanne, di evitare ogni accenno a possibili comunicazioni dirette fra l’uno e l’altra. Jeanne lo ascoltava, divisa fra l’attenzione alle sue parole, intensa, lo studio, pure intenso, di preparare una risposta prudente, misurata, e il fastidio sdegnoso che le dava la presenza del piccolo, mefistofelico Albacina. Il discorso del ministro fu diverso da quello che, in principio, ella si attendeva; migliore ma più imbarazzante. Egli le disse che non parlava come ministro ma come amico; che con lei non voleva fare misteri; che certe ombre non avevano

Fogazzaro. Il Santo 27