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406 | capitolo ottavo |
prese prima della stupida e poi delle scuse, quasi lagrimose.
«Oh!» disse la ragazza «Lei vuol prima mandare quelle lettere! Sì, sì, le mandi via, quelle cattive lettere, che Le hanno fatto tanto male!»
Jeanne le diede un bacio. Quella giovine l’adorava e lei pure le voleva bene, la trattava qualche volta come una cara sorellina scioccherella.
Chiuse le due lettere, le disse di chiamare il domestico, gli diede le istruzioni: prendere una botte, andare dal signor senatore…, via della Polveriera, 40, consegnare la lettera diretta a lui, aspettare la risposta. Se gli si rispondesse che non c’era risposta, ritornare al Grand Hôtel e riferire. Se invece il signor senatore gli facesse rimettere un biglietto, portarlo con l’altra lettera, in via Arenula, a casa Selva. Un’ora dopo, il domestico venne a riferire che tutto era stato fatto; due ore dopo, un biglietto del senatore avvertiva Jeanne che Benedetto era già a casa sua. A mattina inoltrata venne Noemi. Jeanne riposava, finalmente. Noemi attese che si svegliasse, le raccontò che suo cognato si era subito recato a villa Mayda; che non vi aveva trovato il professore il quale era partito a mezz’ora dopo mezzanotte per Napoli; che Maironi aveva subito accettato l’offerta del senatore; che conoscendo l’umore della persona, Giovanni non aveva creduto di farne saper