Un altro possibile nascondiglio le si offerse al pensiero, l’alloggio di un vecchio senatore suo conoscente, stato amico intimo di suo padre, molto religioso e pieno di ammirazione affettuosa per Maironi. Afferrò quell’idea. Ora, rivolgendosi al senatore per chiedergli nientemeno che di accogliere in casa sua un uomo ammalato e in pericolo di arresto, le conveniva di giustificare il proprio zelo. Ella non figurava fra i discepoli di Piero e il senatore ignorava affatto il passato. Ma il senatore conosceva Noemi; egli era quel vecchio dai capelli bianchi e dalla faccia rossa che si era trovato alla riunione di via della Vite; Noemi e lui s’incontravano spesso nella «catacomba». Jeanne gli scrisse immediatamente dicendo di farlo a nome dell’amica Noemi che non osava; mise fuori le condizioni di salute e le circostanze che sempre per questo riguardo consigliavano di togliere Maironi da villa Mayda; tacque del pericolo di arresto; espose la preghiera dell’amica; soggiunse che lo stato dell’infermo rendeva la cosa urgentissima, che se il senatore acconsentisse lo pregava di consegnare al latore della lettera una sua carta di visita per Maironi con due semplici parole di offerta. Chiuse domandandogli un colloquio al Senato nella giornata e pregandolo di tacere, intanto, ogni cosa. Poi scrisse a Noemi, l’avvertì di quanto aveva fatto a suo nome, la incaricò di