saputo dall’Albacina quello che si tramava contro Piero e come suo marito, il sottosegretario di Stato, fosse invitato dal ministro ad unirsi a lui per avere al ministero una conversazione con quest’uomo tanto temuto e odiato dalla corte del Sommo Pontefice, dalla fazione intransigente che voleva prevalere in Vaticano. Ella corse da Noemi, le fece scrivere quel biglietto, telefonò a un giovine segretario suo ammiratore di venire al Grand Hôtel e diede a lui l’incarico di trovare la persona che consegnasse il biglietto, perchè di mandarlo a villa Mayda non era forse più in tempo. Ma sapeva pure, questo gliel’aveva detto Noemi, che Piero era febbricitante. Pensò di fargli trovare alla porta del ministero la sua carrozza col domestico che aveva conosciuto Maironi a villa Diedo. Un’imprudenza; ma che le ne importava? Niente le importava fuorchè la vita cara. La partecipazione di morte della marchesa Nene le era arrivata quella sera stessa, coll’ultima distribuzione. Volle che Piero l’avesse subito, che potesse subito pregare per la povera morta. Strana cosa ma vera: ella si trasfondeva in lui, dimenticando sè, la propria incredulità, per sentire cosa dovesse sentire o desiderar egli con la sua fede. La notte stessa il domestico le diede conto della sua missione. Le descrisse Maironi come uno spettro, un cadavere. Ella si disperò. Sapeva del conflitto fra il professore