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400 | capitolo ottavo |
cinto, corsero a sussurrare le notizie nel quartiere. Ne successe che mentre il tabaccaio e l’oste e i loro amici stavano ancora nel recinto, si fece gente sulla strada di Santa Sabina e un grosso gruppo salì, seguito da due guardie, verso l’osteria.
Entrarono nel cortile. L’ostessa ciarlava con un cliente, sotto il pergolato. La interrogarono ed essa rifece il racconto che aveva fatto al marito. La interrogarono ancora, volevano sapere questo e quello, tanti particolari. La donna finì con rispondere di non ricordar bene. Avrebbe portato da bere, da rinfrescare ad essi l’ugola, a sè la memoria. Che! Quelli non erano venuti per bere, glielo dissero bruscamente. Due ferrovieri, attavolati sotto il pergolato, poco discosto, si seccarono di quell’interrogatorio. Uno di essi chiamò l’ostessa, le parlò a voce alta:
«Che voglion sapere? L’ho veduto io l’uomo che cercano. È partito stamattina alle otto, con una ragazza, per la linea di Pisa.»
La gente si volse a lui, lo interrogò e quegli giurò incollerito che aveva detto la verità, che il loro Santo di Jenne era partito alle otto in una vettura di seconda classe con una bella bionda, conosciutissima. Allora coloro, mogi mogi, se n’andarono. Usciti che furono tutti, una guardia travestita si avvicinò al ferroviere, gli domandò alla sua volta se fosse ben certo di quello che aveva detto.