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nel turbine del mondo | 355 |
sofferenze. Udito di che si trattava, era venuto subito colle rose.
Il vecchio si coperse ancora il viso, vergognando. Poi, senza più guardare Benedetto, parlò delle rose, spiegò il perchè del suo desiderio. Era figlio di un giardiniere, avrebbe voluto fare il giardiniere anche lui ma gli piaceva di frequentare le chiese e i suoi trastulli erano tutti di cose sacre: altarini, candelabri, busti di vescovi mitrati. I padroni, gente religiosissima, avevano lasciato intendere ai suoi genitori che se gli si fosse manifestata la vocazione ecclesiastica, lo avrebbero fatto educare a proprie spese; e i genitori lo avevano destinato senz’altro a quella via. Egli si era accorto ben presto di non avere forze bastanti a tener le promesse sacerdotali: ma neppure gli bastò l’animo di prendere una risoluzione che avrebbe afflitto i suoi mortalmente. Invece si figurò che se uscisse del tutto dal mondo potrebbe forse andar salvo, e seguendo imprudenti consigli entrò là ond’ebbe poi a venir fuori male, si fece di quella frateria della quale soleva dire più tardi, questo non lo raccontò, scherzando copertamente cogli amici: «quando stavo al reggimento.» Ragazzo, aveva amato i fiori; dall’entrata nel Seminario in poi non ci aveva pensato più, mai più, per quarant’anni.