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334 | capitolo settimo |
morito a Jenne, non aveva perduta l’occasione di mettersi facilmente in pace colla propria coscienza, aveva dato sfogo ai rimorsi lodando e rilodando. Benedetto non ne sapeva niente.
«No» rispose «non lo so.»
Il Pontefice tacque, ma il suo viso, le mani, la intera persona, tradivano una viva inquietudine. Egli si abbandonò finalmente sulla spalliera della seggiola, chinò il capo sul petto, stese le braccia al tavolino e appoggiatevi le mani, una presso all’altra, pensò.
Mentre pensava, immobile, fissi gli occhi nel vuoto, la fiamma della lucernina a petrolio salì fumigando, rossa, nel tubo. Egli non se n’avvide subito. Quando se n’avvide la regolò e poi ruppe il silenzio.
«Credi tu» diss’egli «avere veramente una missione?»
Benedetto rispose, con una espressione di fervore umile:
«Sì, lo credo.»
«E perchè lo credi?»
«Santità, perchè ciascuno viene al mondo con una missione scritta nella sua natura. Quand’anche non avessi avuto visioni nè altri segni straordinari, la mia natura ch’è religiosa mi imporrebbe il dovere di un’azione religiosa. Come posso dirlo? Ecco, lo dirò...» Qui la voce di Benedetto tremò