Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
320 | capitolo settimo |
volta in sè stesso, chiusi gli occhi, pregò intensamente, come da due giorni pregava, che lo Spirito gliela suscitasse, davanti al Papa, nel petto, gliela portasse alle labbra.
Egli aspettava qualcuno, fra le otto e le otto e un quarto. Le otto e un quarto erano suonate ma nessuno compariva. Si voltò a guardar il Portone di bronzo. Non n’era aperto che uno sportello e si vedeva luce nell’interno. Vi entravano di tempo in tempo, come spensierati moscerini nelle fauci di un leone, gruppetti di genterella minuta. Finalmente vi si affacciò dal di dentro un prete, accennando. Benedetto si avvicinò. Quegli disse:
«Lei viene per Sant’Anselmo?»
Era la domanda convenuta. Come Benedetto gli ebbe risposto di sì, il prete gli fece segno di entrare.
«Favorisca» diss’egli.
Benedetto lo seguì. Passarono fra le guardie pontificie che salutarono militarmente il prete. Svoltarono a destra, salirono la Scala Pia. All’entrata del Cortile di San Damaso altre guardie, altri saluti, un ordine del prete, dato sottovoce; Benedetto non lo intese. Attraversarono il Cortile lasciando a sinistra la porta della Biblioteca, a destra la porta per la quale si accede alle stanze del Papa. In alto, le vetrate delle logge sfavillavano alla luna. Benedetto, che ricordava un’udienza