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nel turbine del mondo | 299 |
Uno sciame di signore irruppe nella sala vuota. Una signorina matura si slanciò addirittura verso il giovine, a mani giunte, esclamando:
«Oh quanto Le siamo grate! Oh che Santo! Non so perchè non siamo corse tutte fuori ad abbracciarlo!»
«Cara» disse una signora con ironica flemma veneta, sorridendo nei due grandi belli occhi, «perchè, fortunatamente per lui, l’uscio era chiuso a chiave.»
Erano dodici signore. Il padrone di casa, professore Guarnacci, figlio dell’agente generale di una di queste, la marchesa Fermi, romana, le aveva raccontato della riunione che doveva tenersi in casa sua, del discorso che vi avrebbe pronunciato lo strano personaggio di cui si parlava già in Roma come di un agitatore religioso entusiasta e taumaturgo, popolare nel quartiere del Testaccio. La marchesa si era posta in capo di udirlo non veduta. Presi gli accordi col Guarnacci, aveva tratte nella congiura tre o quattro amiche e ciascuna di queste aveva ottenuto di aggregarsi delle appendici.
Era una miscela curiosa, in vista. Molte avevano toilettes da società, due vestivano proprio come quacchere, una sola di nero. Le due quacchere, straniere, parevano impazzite dall’entusiasmo e fremevano contro la marchesa, una vecchia scet-