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298 | capitolo settimo |
prio lucente in viso di commozione e di gioia. Qualcuno sussurrò:
«Un discepolo.»
Altri soggiunse, piano:
«Sì, e il prediletto.»
Il padrone di casa si prostrò, quasi, davanti a Benedetto con parole di ossequio e di gratitudine. Allora uno dei sacerdoti ardì pure farsi avanti, disse con voce commossa:
«E per noi, maestro, non avrà un consiglio?»
«Non mi chiami maestro» rispose Benedetto, tutto ancora turbato; «preghi luce a questi giovani, ai nostri Pastori e anche a me.»
Uscito ch’egli fu, si levò nella sala un crepitìo di voci vibrate, brevi e fioche, premendo ancora lo stupore sulle anime commosse. Poi la commozione scoppiò qua e là, forte, ruppe da ogni banda, urtandosi anche le ammirazioni fra loro nell’esaltare queste o quelle parole, queste o quelle idee del discorso, l’accento o lo sguardo dell’oratore, o lo spirito di santità diffuso nel suo volto, spirante anche dalla sua mano. Ma il padrone di casa congedò gli ospiti; con molte scuse, sì, con molte parole di cerimonia, ma con una fretta quasi scortese.
Rimasto solo, aperse un uscio ch’era chiuso a chiave, s’inchinò dentro l’apertura.
«Signore!» diss’egli. E spalancò l’uscio.