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288 capitolo settimo

rono per una scala nera, sucida, su su verso l’unico lumicino a olio che ardeva al quarto piano. Quando furono al terzo, accesero dei fiammiferi per leggere i nomi sulle placche degli usci. Una voce chiamò dall’alto:

«Qui, signori, qui!»

Un giovine affabile signore in abito nero di mattina discese a incontrarli, li ossequiò molto, disse che si aspettava solamente loro, li fece entrare, per un’anticamera e un andito quasi tanto oscuri quanto la scala, in una stanza grande, piena di gente, illuminata alla meglio da quattro candele e da due vecchie lucerne a olio. Il giovine signore si scusò dell’oscurità. I suoi genitori non volevano in casa nè luce elettrica nè gaz nè petrolio. Tutti gli uomini venuti a gruppi erano raccolti lì. Tre o quattro vestivano l’abito ecclesiastico. Gli altri, meno un vecchio dalla faccia rossa e dalla barba bianca, parevano studenti. Nessuna signora. Erano tutti in piedi, eccetto il vecchio, persona di riguardo, certamente. Conversavano sottovoce. La stanza sussurrava come una grotta tutta rivoletti e goccie cadenti. Entrati i due preti, il giovine padrone di casa disse:

«Allora!...»

Le persone strette nel gruppo maggiore si scostarono a cerchio e vi apparve nel mezzo Benedetto. Un tavolino con due candele e una sedia erano