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284 capitolo sesto


Ho detto tante volte che certamente partirò appena ne avrò la forza e qui mi vorrebbero trattenere e come potrò io dir loro: amici miei, voi mi siete nemici? Ecco, viltà mia! Perchè non potrei dirlo? Perchè non lo dirò?

Ho letto un giorno nello sguardo della giovine protestante: — Se Lei parte che sarà dell’anima mia? Non deve Lei desiderare di condurmi alla fede Sua? Io non mi lascio condurre ancora. — No, non posso, non debbo scrivere tutto. E come scrivere l’espressione di uno sguardo, l’intonazione di una parola per sè indifferente? Non sono sguardi come quello per il quale San Girolamo s’immerse nell’acqua gelata o almeno la commozione mia non somiglia alla sua. Non vale acqua gelata contro uno sguardo puro nella sua dolcezza. Solo il fuoco vi arriva, il fuoco dell’Amore supremo. Oh chi mi libera dal mio cuore mortale che non si move di un solo picciol moto senza movere tutte le fibre del corpo, chi mi libera il cuore immortale che gli è interno come il germe al frutto e si prepara un corpo celeste? Non posso, non debbo scrivere tutto, ma questo sì lo voglio scrivere: il Signore mi tende insidie e lacci! Caduto, mi deriderà! Perchè è avvenuto che io scrivessi il passo latino sulla gente che vive in penitenza fra il Mar Morto e il deserto, «sine pecunia, sine ulla femina, omni venere abdicata,