Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
16 | capitolo primo |
di là da un ponte, di là da vette spoglie di alberi tondeggianti fra casa e casa, il fantasma piramidale di una torre altissima velata di nebbioline azzurrognole. Udiva discorrere pietosamente la vena limpida di Bach e pensava a don Giuseppe col malinconico senso di chi si allontana per sempre da una casa diletta, e vi torna con lo sguardo ogni momento, e ad una svolta del cammino ne vede sparire l’ultimo angolo, l’ultima finestra. La sua tristezza aveva una viva punta inquieta. Le avevano scritto che fra le carte del morto si era trovato un plico suggellato con questa soprascritta di suo pugno: «da consegnarsi per cura del mio esecutore testamentario nelle mani di Monsignor Vescovo». L’incarico era stato adempiuto e voci uscite dall’episcopio dicevano che fossero nel plico una lettera di don Giuseppe a Sua Eccellenza e una busta suggellata con la scritta di altra mano «Da aprirsi dopo la morte di Piero Maironi.» Riferivano pure questo motto del Vescovo: «Speriamo che il signor Piero Maironi, d’ignota dimora, ricomparisca per farci sapere che è morto.»
Jeanne ignorava che Piero Maironi, prima della notte in cui era fuggito di casa senza lasciare traccia di sé, avesse consegnato a don Giuseppe il racconto scritto di una visione della propria vita nel futuro e della propria morte, visione pure ignorata da lei, avuta da Piero nella chiesetta