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262 | capitolo quinto |
amiche di ogni nazione, lavorava per riunire tutte le Chiese cristiane sotto il Papa, riformando il cattolicismo in alcune parti troppo assurde che nessuno nel suo cuore credeva più buone a niente, come il celibato ecclesiastico e il dogma dell’inferno; che avevano bisogno, per fare questo, di un Santo; che questo Santo sarebbe lui perchè uno spirito – ella non era spiritista ma un’amica sua lo era – anzi proprio lo spirito della contessa Blawatzky aveva rivelato questo; ch’era perciò necessaria la sua venuta a Roma e che a Roma egli avrebbe potuto con i suoi doni di santità rendere servigio anche alla duchessa di Civitella, ivi presente. Finì il suo discorso così:
«Nous vous attendons absolument, monsieur! Quittez ce vilain trou! Quittez-le bientôt! Bientôt!»
Benedetto, girato rapidamente lo sguardo severo per la cerchia delle facce sardoniche o stolide, dall’occhialetto della duchessa alla caramella del giornalista, rispose:
«A l’instant, madame!»
E uscì della camera.
Uscì della camera e della casa, attraversò la piazza camminando male negli abiti disadatti, prese la via della costa senza guardare nè a destra nè