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e gli occhi gli si gonfiarono di pianto. Venne allora una reazione violenta della volontà contro questi languori molli del sentimento, questa tentazione di debolezza.

«No no no» mormorò egli, udibilmente. Una voce, alle sue spalle, rispose:

«Non ci vuole ascoltare?»

Benedetto si voltò, sorpreso. Tre giovani stavano davanti a lui. Egli non li aveva uditi entrare. Quello di essi che pareva il maggiore, un bel ragazzo, basso di statura, bruno, dagli occhi esperti di molte cose, gli chiese arditamente perchè avesse spogliato l’abito clericale. Benedetto non rispose.

«Non lo vuol dire?» fece colui. «Non importa, senta. Noi siamo studenti dell’Università di Roma, gente di poca fede, glielo dico schietto e subito. E ci godiamo la nostra giovinezza, più o meno; glielo dico subito anche questo.»

Uno dei compagni tirò l’oratore per la falda dell’abito.

«Sta zitto!» disse il primo. «Sì, uno di noi crede poco ai Santi ma è un purissimo. Quello però non è qui davanti a Lei, come non vi sono altri che stanno giuocando all’osteria. Il Purissimo non ha voluto venire con noi. Dice che troverà modo di parlarle da solo a solo. Noi siamo quello che Le ho detto. Siamo venuti da Roma per fare una gita e per vedere un miracolo, s’era possibile; insomma per stare allegri.»